Accesso e sviluppo alla carriera prefettizia: come diventare prefetto? - di Fulvio Rocco de Marinis
Organo monocratico dello Stato, rappresentante del governo territoriale di province e città metropolitane, preposto ad un ufficio denominato “prefettura-ufficio territoriale del governo”, dipendente dal Ministero dell’Interno. In sintesi questo è il ruolo del prefetto nell’ordinamento amministrativo italiano. Obiettivo principale del prefetto deve essere il benessere e la sicurezza dei cittadini, la quale deve essere perseguita intervenendo per risolvere problematiche sociali legate alla arretratezza, al disagio sociale e all’immigrazione. Sempre al prefetto spetta la responsabilità dell’ordine e della sicurezza pubblica del suo territorio, con il compito di intervenire tempestivamente in caso di calamità naturali. Come mediatore tra la società civile e le istituzioni pubbliche, il prefetto rappresenta il Governo in ogni Provincia italiana, ed è dal prefetto che il Governo apprende le problematiche di maggior interesse che si sviluppano nei vari territori e nelle varie Amministrazioni Locali.
Ma qual è l’iter da seguire per accedere alla carriera prefettizia? Un percorso lungo e complesso disciplinato dal decreto legislativo n.139/2000 che richiede come prima cosa di godere dei diritti civili, aver compiuto i 35 anni di età ed essere in possesso di una laurea nelle discipline che riguardano l’Economia, il Diritto oppure l’ambito socio – culturale. Se si hanno queste caratteristiche il passo successivo è quello di partecipare al concorso statale apposito, solo dopo aver superato lo stesso si potrà quindi diventare Consigliere. Necessario è infatti, per proseguire l’iter, ricoprire altre cariche all’interno della Prefettura o dell’Ufficio Territoriale del Governo e più precisamente quelle di Consigliere, Viceprefetto aggiunto e Viceprefetto. Il soggetto, una volta divenuto Consigliere, è tenuto a frequentare dei corsi (regolarmente tenuti a Roma) che consentono di acquisire la preparazione necessaria per svolgere adeguatamente i compiti tipici del prefetto. Al termine di questo periodo, che dura due anni, il soggetto può diventare Viceprefetto aggiunto ed ha la possibilità di iniziare il lavoro d’ufficio tipico del settore (lavoro che dovrà essere compiuto per nove anni e mezzo prima di poter continuare l’avanzamento di carriera ed al termine del quale il soggetto riceve il titolo di Viceprefetto). L’ultimo passaggio, non automatico, è a discrezione del Ministero dell’interno che, attraverso un decreto del Presidente della Repubblica con delibera dei ministri del Governo (e senza rispettare particolari tempistiche), deciderà la nomina dei futuri prefetti, nei limiti delle disponibilità di organico. Almeno tre quinti dei nominati devono provenire dalla carriera prefettizia, mentre i rimanenti possono essere immessi dall’esterno.
Un percorso lungo e sicuramente non facile, ma capace di portare una persona motivata nel cuore dello Stato e del sistema amministrativo pubblico in generale. Uno degli aspetti più affascinanti di questa carriera è dato dallo spettro di attività e funzioni altamente variegate, multi-formi, policentriche, con le quali chiunque intenda offrire il proprio apporto alla causa comune ha l’opportunità di confrontarsi.
Le nuove generazioni di prefetti sono chiamati ad incarnare stili direzionali, legati al concetto di leadership partecipativa, di motivazione e coinvolgimento dei collaboratori, di ascolto organizzativo, più consoni ad una società mutevole e complessa quale la nostra e ad una macchina organizzativa più efficiente ed efficace.
A causa della delicatezza e rilevanza delle funzioni interessate, entrare in una organizzazione che si occupa di sicurezza della cittadinanza, di ordine pubblico, di garanzia dei diritti e delle libertà civili, di immigrazione, di gestione delle emergenze, di difesa civile, del sistema di rapporti tra Unione Europea, Stato ed enti locali, inorgoglisce e motiva come nient’altro un cittadino che voglia mettersi al servizio del bene comune.
