Approvata la legge sul caporalato: mai più schiavi nei campi? - di Fulvio Rocco de Marinis
Spesso collegato ad organizzazioni malavitose, il termine caporalato, generalmente diffuso nelle fasce più deboli e disagiate della popolazione (come tra i lavoratori immigrati), si riferisce ad un sistema di organizzazione del lavoro agricolo temporaneo in cui un “caporale” reperisce manodopera a basso costo ed agisce come mediatore illegale tra questa ed il gestore dei lavori secondo le richieste dell’imprenditore agricolo (tale fenomeno può verificarsi anche nell’edilizia). Questa pratica si è diffusa ancora di più con i recenti movimenti migratori provenienti da Africa, Penisola Balcanica, Europa orientale ed Asia, diverse inchieste giornalistiche hanno portato all’attenzione dei media come queste persone, nella speranza di migliorare la propria condizione, finiscano invece in condizioni di schiavitù e dipendenza. In media queste persone vengono obbligate a lavorare dalle otto alle dodici ore al giorno e retribuite con paghe fino al 50 per cento inferiori rispetto a quelle stabilite dai contratti di lavoro nazionali: in Italia questo fenomeno coinvolge almeno 400 mila lavoratori sia italiani sia stranieri con un mercato che muove un’economia illegale e sommersa che va dai 14 ai 17,5 miliardi di euro (secondo il rapporto Agromafie e Caporalato, pubblicato a maggio 2016 dall'Osservatorio Placido Rizzotto del sindacato Flai-Cgil).
“Oggi il fenomeno del caporalato e dell’intermediazione illecita di manodopera non riguarda solamente alcuni territori del Sud ma è in crescita ed è esteso ormai in tutta Italia. - afferma Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera - I numeri e le storie di negazione della dignità delle persone, contenute nei rapporti annuali sulle agromafie, impongono uno scatto in più da parte di tutti.”.
Il 18 ottobre 2016, con 336 voti a favore e nessuno contrario, la Camera ha approvato in via definitiva la legge per contrastare questo fenomeno. Il caporalato era già punibile in base al codice penale e in particolare all'articolo 603-bis (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro). Tuttavia, la nuova legge modifica alcuni aspetti della disciplina come la fattispecie del reato, vale a dire la descrizione del comportamento punibile, e l'entità della pena. Tra le novità introdotte nel nuovo disegno di legge è previsto un inasprimento degli strumenti penali per i caporali, indennizzi per le vittime, rafforzamento della rete del lavoro agricolo di qualità e un piano di interventi per l’accoglienza dei lavoratori stagionali. Oltre ai caporali adesso sono sanzionabili, anche con la confisca dei beni, i datori di lavoro consapevoli dell’origine dello sfruttamento: sono previsti, inoltre, fino a sei anni di carcere per chi commette il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (aumentati ad otto in caso di violenza o minaccia), più una multa da 500 a mille euro per ogni lavoratore reclutato. I proventi delle varie confische convergeranno nel “Fondo antitratta” cui si attingerà per gli indennizzi alle vittime del caporalato. Con la nuova legge anche le amministrazioni statali saranno direttamente coinvolte nella vigilanza e nella tutela delle condizioni di lavoro nel settore agricolo grazie ad un piano congiunto di interventi al fine di accogliere tutti i lavoratori impegnati nelle attività stagionali di raccolta dei prodotti agricoli. Il piano presentato dai Ministeri del Lavoro e delle Politiche sociali, delle Politiche agricole alimentari e forestali e dell'Interno, sarà stabilito con il coinvolgimento delle Regioni, delle province autonome e delle amministrazioni locali, nonché delle organizzazioni di terzo settore.
“Ora abbiamo più strumenti utili per continuare una battaglia che deve essere quotidiana, perché sulla dignità delle persone non si tratta. E l'agricoltura si è messa alla testa di questo cambiamento, ha aggiunto, che serve anche a isolare chi sfrutta e salvaguardare le migliaia di aziende in regola che subiscono una ingiusta concorrenza sleale. - questa la dichiarazione del ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina subito dopo l’approvazione della legge - C'è tanto lavoro da fare e una legge da sola non basta, ma le direzione che abbiamo tracciato è inequivocabile. Dobbiamo lavorare uniti per non avere mai più schiavi nei campi".