4-11-1966 Gli Angeli del fango e l’alluvione di Firenze.
A giorni ricorrerà il 50° anniversario di un evento che, nonostante in Italia si siano succeduti in seguito numerosi altri gravi episodi di disastri naturali, è rimasto nella nostra memoria collettiva come uno dei peggiori che la storia ricordi: l’alluvione di Firenze del 4 Novembre 1966. Determinato da giorni di pioggia di straordinaria intensità, con una pericolosità sottovalutata perché in Toscana le piogge autunnali normalmente creavano disagi limitati (anche se, nei secoli precedenti, alcune alluvioni erano state disastrose), colpì, invece, l’intero bacino idrografico dell’Arno, anche a causa del contemporaneo straripamento di altri fiumi e torrenti come il Bisanzio, l’Ombrone Pistoiese, l’Elsa e l’Ombrone, mise sott’acqua gran parte della Toscana con numerosi comuni isolati, strade interrotte così come la ferrovia e l’autostrada del Sole. Nelle campagne furono distrutti coltivazioni ed allevamenti e questo, in seguito, provocò l’abbandono di queste attività in molte zone che si trasformarono in centri manifatturieri. L’evento che colpì maggiormente l’opinione pubblica, oltre alla perdita incalcolabile di 35 vite umane, fu lo straripamento dell’Arno nel centro storico di Firenze con l’allagamento di tesori artistici come la Basilica di Santa Croce, dove il Crocifisso di Cimabue venne irrimediabilmente danneggiato (nonostante anni di restauro è stato recuperato solo in parte). Gravissimo fu l’allagamento della Biblioteca Nazionale e dei depositi degli Uffizi. Finirono sotto l’acqua e sotto il fango milioni di preziosi libri antichi ed opere d’arte con danni enormi al patrimonio culturale dell’umanità. Eppure nelle ore precedenti, il 4 Novembre non era stato diramato alcun allarme, ci si preparava anzi a festeggiare la festa delle forze armate e certo la giornata festiva limitò molto il numero delle vittime. Bisogna dire che il 3 Novembre nel pomeriggio i comandi militari avevano inviato fonogrammi al Ministero della Difesa e dell’Interno ma erano stati invitati da Roma a non creare allarmismi ed ancora alle 21, Sindaco e consiglieri riuniti non si preoccupavano dell’Arno ed anche dopo la mezzanotte, nonostante il livello del fiume fosse ancora cresciuto ed arrivassero notizie di allagamenti e morti si decise di non dare l’allarme alla popolazione per non scatenare il panico. Alle ore 3 del 4 Novembre un giornalista de “La Nazione” telefonò all’addetto alla sorveglianza degli impianti idrici dell’Ancovella e mentre l’uomo riferì che stavano per affogare venne travolto dall’onda dell’Arno. Ancora a Firenze non c’era nessun allarme ufficiale, solo la telefonata di un vigile consentì agli orafi di Ponte Vecchio di mettere in salvo qualcosa. Alle 3:30 ancora da Roma minimizzavano e intanto l’Arno invase il centro di Firenze, nelle ore successive cedettero le spallette lungo l’Arno e un fiume impetuoso invase le piazze e le vie trascinando tutto quello che incontrava: l’acqua raggiunse i primi piani delle case e i 6 metri di altezza e la popolazione si salvò raggiungendo i piani più alti o i tetti. I detenuti del Carcere delle Murate furono salvati dai fiorentini che li accolsero nelle loro case con grande generosità. Nel pomeriggio fu allagata anche Campi Bisanzio e i contadini salvarono alcune mucche portandole nella casa del Popolo. A sera l’onda di piana cominciò a defluire da Firenze lasciando dietro di sé morti e distruzione, ma proseguì verso altri centri della Toscana mentre l’Ombrone sommerse la Maremma e la città di Grosseto.
Bisogna notare che, all’epoca, non esisteva una struttura centrale con compiti di protezione civile ed i primi aiuti organizzati dal Governo giunsero solo dopo 6 giorni. Immenso fu, invece, l’apporto dei volontari prima dalle altre città toscane, poi dall’Umbria e dall’Emilia e poi da tutto il mondo. In quell’occasione ci fu la prima grande manifestazione di solidarietà e di intervento da parte dei giovani. Questi, provenendo da tutto il mondo e lavorando indefessamente recuperarono dal fango libri, incunaboli, opere d’arte e, sotto la guida degli esperti, salvarono un patrimonio culturale inestimabile. I giovani furono soprannominati “gli Angeli del fango” e la loro azione brilla ancora oggi. A causa della gravità di questi eventi furono, però, avviati i programmi statali per la difesa del suolo arrivando a creare nel 1974 le Autorità di bacino e la Protezione Civile. Nel 1990 venne emanata la legge quadro sulla difesa del suolo e fu costituita l’autorità di bacino per il fiume Arno. Purtroppo molte decisioni non furono completamente attuate per gli scarsi finanziamenti statali. Anche se successivamente fu elaborato il PAI (Piano di Assetto Idrogeologico) con interventi atti a diminuire i rischi, secondo alcuni studiosi, se si dovessero verificare precipitazioni come quelle del 1966 i danni potrebbero essere ancora maggiori perché nel corso degli anni si è costruito dove non si doveva e diboscato eccessivamente.
