La rinascita modello "post-terremoto" del Friuli e la "Cultura della prevenzione"
Il Friuli venne devastato da un terremoto con magnitudo della scala Richter 6.4, il 6 Maggio del 1976, con epicentro nella zona di Lusevera nel nord est della regione.
Un sisma avvertito in tutto il Nord e Centro Italia che causò la morte di 989 persone, di cui 371 nella sola Gemona.
La voglia di risollevarsi spinse il popolo friulano ad attivarsi immediatamente al fine di ripartire e ricostruire la propria regione devastata dall’inevitabile follia della natura.
57 secondi di scossa sismica che distrussero la piccola cittadina di Gemona, creando danni in almeno altri 136 comuni delle provincie di Udine, Pordenone e Gorizia.
600 mila persone coinvolte su un’area di circa 5.700 chilometri quadrati.
In questo territorio è curioso che soltanto pochi comuni risultavano classificati come “zona sismica” con l’obbligo quindi del rispetto delle norme antisismiche di costruzione previste dalla legge 64/1974.
I sopravvissuti iniziarono a scavare disperatamente fra le macerie, Gemona era al buio e solo la luce della luna illuminava il lavoro di tante mani.
In questa apocalisse scesero in campo gli alpini per portare prontamente aiuto alla popolazione.
Molti paesi rimasero isolati, le comunicazioni interrotte e soltanto l’ausilio di alcuni radioamatori permisero il coordinamento degli aiuti.
La notizia del terremoto fece il giro del mondo ed il Friuli sperimentò la solidarietà nazionale ed internazionale.
Volontari e militari giunsero da ogni parte d’Italia, dall’Austria, dagli Usa, dalla Francia e dalla Germania.
Le istituzioni locali e nazionali si misero subito al lavoro per “gettare le basi” per un virtuoso “modello Friuli”, ossia un insieme di iniziative volte a ricostruire celermente il territorio.
L’allora Presidente del Consiglio Aldo Moro si incontrò con le autorità locali e regionali e lo Stato affidò i fondi per la gestione della ricostruzione direttamente alla Regione. L’emergenza era la gestione degli sfollati nelle tendopoli. Coriacei, determinati e risoluti, i friulani riuscirono a risollevarsi grazie alla propria voglia di ricominciare e grazie alla prontezza di tutte le istituzioni.
Il terremoto del 1976 rappresentò un momento storico per la ricerca e lo studio dei terremoti, ponendosi come uno “spartiacque” fra le sperimentazioni nel campo nel mondo.
Il Friuli apprese dal tragico evento l’importanza della prevenzione e dell’educazione in vista di calamità naturali.
Da quel momento in poi furono organizzati numerosi incontri con la popolazione per diffondere la “cultura della prevenzione” e della gestione di eventi naturali, soprattutto per le nuove generazioni.
L’obiettivo è sempre quello di “fare tesoro” delle esperienze passate e degli errori commessi, per saper affrontare il futuro e creare le premesse per una generazione attenta e consapevole.
